Trait d’union interviene in un tessuto sociale caratterizzato da fragilità e disagio, che ha visto l'aumento del fenomeno della dipendenza da gioco, soprattutto nella fascia giovanile marginalizzata da percorsi scolastici post obbligo e lavorativi.
La relazione apertamente conflittuale tra anziani e giovani, la diffidenza tra culture diverse e la distanza tra le fasce più elevate e i gruppi appartenenti a ceti sociali medio bassi fanno percepire ai giovani un clima d’insicurezza e di tensione: la vita dei ragazzi si svolge nei ristretti confini dei quartieri dove abitano, poveri di luoghi aggregativi e urbanisticamente degradati, e diventano si lasciano trasportare alla deriva, verso vandalismi e bullismo.
Trait d’union cerca di far emergere, nei ragazzi, la consapevolezza del senso dell'esperienza individuale, valorizzando la cultura dell’aggregazione giovanile come strumento di inclusione e partecipazione.
Gli ambiti tematici che saranno sviluppati a tutti i livelli del progetto e nelle azioni previste sono i seguenti: il rapporto legalità e illegalità e la percezione del limite; il rapporto con le diverse dipendenze; gli stili di relazioni fra pari e le istanze di sopraffazione; la cultura dell’altro ed i processi di accettazione/esclusione; la sessualità e il rapporto fra i generi in età adolescenziale; la dispersione scolastica e il riorientamento verso il futuro.
Le azioni messe in atto sono:
speech corner mobile: un mezzo a pedali a tre ruote attrezzato con funzione di catalizzatori dell’attenzione, utilizzato dagli educatori per informare delle iniziative e dei servizi che il quartiere può offrire;
e ti vengo a cercare: consolidare la relazione con i gruppi di ragazzi/e attivare percorsi educativi di strada, a partire dall’osservazione dei bisogni e delle modalità aggregative;
media mente: la web radio che va incontro ai ragazzi, cercandoli nei loro spazi di naturale aggregazione, e proponendo attività di citizen journalism e laboratori radio sul territorio;
punti fissi e punti mobili: attività di gruppo strutturate, laboratori di educazione all’utilizzo dei social network, produzione di video e musica, colloqui individuali e incontri con le famiglie;
il conflitto che genera: supportato dai mediatori del Centro Italiano per la Promozione della Mediazione, il gruppo di lavoro intercetta le dinamiche conflittuali tra minori e cittadini, e incentiva forme di comunicazione positiva;
ricercare col POLI: insieme al Dipartimento di Architettura e Pianificazione del Politecnico di Milano i ragazzi osservano le condizioni dell’abitare nel quartiere, il senso di appartenenza, il disagio e lo stigma.